giovedì 26 aprile 2012

Riforma del lavoro a spese delle donne e dei bambini: non è una novità

Riforma del lavoro a spese delle donne e dei bambini: non è una novità
Osservazioni sulla disposizione 7.3 Misure volte a favorire la conciliazione vita lavoro contenuta nella proposta “La riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”
Una nota del Gruppo Nazionale Nidi Infanzia
 
“Al fine di promuovere la partecipazione femminile al mercato del lavoro, si intende disporre l'introduzione di voucher per la prestazione di servizi di baby - sitting. Le neo mamme avranno diritto di chiedere la corresponsione di detti voucher dalla fine della maternità obbligatoria per gli 11 mesi successivi in alternativa all'utilizzo del periodo di congedo facoltativo per maternità. Il voucher è erogato dall'INPS. Tale cifra sarà modulata in base ai parametri ISEE della famiglia. Le risorse a sostegno di questo intervento saranno reperite nell'ambito del già citato fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento dell'occupazione giovanile e delle donne.”


La proposta appare inopportuna perché:
- Non promuove la partecipazione femminile al mercato del lavoro perché non sostiene l'accesso al lavoro delle donne non occupate ma solo interviene a regolare i rapporti tra la donna già occupata che diventa madre e il suo datore di lavoro
- Introduce un'ulteriore disparità tra i diritti della donne dipendenti con contratto a tempo indeterminato e quelle delle donne con lavoro precario, saltuario o autonomo. A chiarimento si ricorda che la fruizione del congedo parentale risulta condizionata dalla qualità del mercato del lavoro e delle condizioni lavorative. Le analisi, infatti, rilevano che tra le lavoratrici che hanno usufruito del congedo parentale in questi anni sono state più numerose le donne con livello di istruzione più alto e, quindi probabilmente, con qualifica lavorativa e retribuzione più alta, e meno numerose quelle residenti nel Mezzogiorno. È prevedibile che gli stessi elementi verranno a condizionare la richiesta dei voucher ulteriormente discriminando tra le lavoratrici.
ISTAT La conciliazione tra lavoro e famiglia – Anno 2010 (28 dicembre 2011)
Ministero del Lavoro e delle politiche sociali Rapporto sulla coesione sociale - Anno 2011, Volume I, Sistema Statistico nazionale
)
- Svilisce il diritto della donna a una piena fruizione della maternità monetizzando il congedo parentale facoltativo che aveva la finalità di facilitare per madri e padri di trascorrere più tempo con il proprio figlio.
- Scoraggia ulteriormente la fruizione dei congedi parentali da parte di padri lavoratori con compagna casalinga.


Inoltre, desta perplessità l'effettiva copertura finanziaria della proposta, poiché:
- il congedo parentale facoltativo è retribuito solo per 6 mesi, mentre si prevede di erogare il voucher per 11 mesi,
- è ragionevole ipotizzare che la norma porterebbe a una richiesta importante del voucher, anche da parte di quelle categorie di madri lavoratrici che non hanno ritenuto finora di avvalersi del congedo parentale facoltativo.


Inoltre e soprattutto, la disposizione proposta risulta svincolata da un quadro di riordino complessivo del sistema di cura ed educazione dei bambini nei primi anni di vita. In particolare:
- Ignora i diritti dei bambini a ricevere cure ed educazione adeguate e qualificate proponendo un utilizzo di figure “babysitter” di cui non esiste né definizione né regolamentazione.
- Ignora la necessità prioritaria di finanziari la rete dei servizi per l'infanzia sia per rispondere a impegni precedenti presi a livello europeo sia per sostenere i comuni nell'offerta di servizi educativi, oggi gravemente minacciata dalla crisi economica.
- L'affidamento all'INPS dell'erogazione del voucher rischia di creare una sistema parallelo alle
competenze regionali e comunali in materia di cura ed educazione dell'infanzia.
- Premia il ricorso a modalità di cura di tipo individuale che vanno in direzione contraria alle richieste delle famiglie così come accertate da esperienze locali precedenti (vedi ad esempio le iniziative di erogazione di assegni nel primo anno alternativa all'offerta di servizio nido). 1
- Inducendo il ricorso di privati a servizi privati con denaro pubblico introduce ulteriori elementi di complessità e confusione nel settore dei servizi per l'infanzia già disastrato dall'assenza di provvedimenti nazionali.
Infatti, nei territori in cui il settore è ben regolamentato introduce nuovi elementi di pressione da parte delle famiglie non sempre compatibili con una governance equilibrata del sistema territoriale integrato (vedi per esempio le pressioni delle famiglie sulle amministrazioni comunali in Toscana perché accreditino servizi privati in modo da potervi spender i voucher del FSE). Una lista o albo di cosiddette babysitter che abbiano seguito un breve intervento formativo se fosse utilizzata per spendere denaro pubblico come i voucher potrebbe costituire un impegno rischioso da parte dell'amministrazione locale nel garantire una qualità di prestazioni non effettivamente accertata.
Nei territori, invece, in cui non esiste o è rara la gestione di servizi per l'infanzia da parte delle amministrazioni locali né tantomeno sono stati ancora attivati procedure di governance del sistema integrato di servizi, il vincolo all'utilizzo del voucher per “babysitter” potrebbe indurre un mercato di lavoro femminile non regolamentato e probabilmente spesso falso.

1 Non appare corretto il riferimento ad analoghe misure attivate in Francia, come il Complément de libre choix de garde che prende in carico una parte del salario dovuto a un assistant maternel accreditato (persona che cura il bambino presso il proprio domicilio) o a persona che curi il bambino presso il domicilio dei genitori.
In primo luogo, la Caisse Nationale d'Allocations Familiales (agenzia governativa competente in materia) eroga tramite le sue agenzie territoriali (CAF) una prestazione finanziaria per ogni servizio di cura collettivo (nido, centro per bambini e genitori, halte - garderie, ecc.) o individuale. Questo Complément, che si iscrive nelle politiche volute dai governi di destra per privilegiare i servizi individuali pur dovendo realizzare per la pressione delle famiglie un importante incremento dei servizi collettivi, è comunque solo una delle misure che compongono il pacchetto PAJE (Prestation d'accueil du jeune enfant = prestazione di cura del bambino piccolo). Il PAJE ha carattere universalistico per tutti i genitori, pur variando naturalmente secondo il reddito (entro un plafond) ed eventualmente secondo l'età del bambino. Nel PAJE sono compresi:
- un premio alla nascita o all'adozione di un bambino;
- un aiuto ai genitori di bambini di meno di 3 anni (o adottati/affidati di meno 20 anni) per la durata di tre anni;
- un'integrazione alla libera scelta della modalità di cura (Complément de libre choix de garde) che: a) prevede la regolamentazione delle condizioni di impiego della persona che cura il bambino, b) si applica al genitore che abbia un'attività lavorativa sia dipendente sia autonoma, c) è importante (fino a 452,75 € al mese), d) è ovviamente alternativa all'uso di servizi collettivi come il nido;
- un'integrazione alla libera scelta dell'attività se il genitore interrompe o riduce l'attività lavorativa per prendersi cura di un nuovo nato, adottato/affidato. Il genitore deve aver versato almeno 8 trimestri di contributi pensionistici nei due anni precedenti. Questa prestazione è incompatibile con la precedente e varia secondo la riduzione del tempo lavorativo e la condizione lavorativa (dipendente

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