giovedì 4 aprile 2013

A proposito di...
"Maestra, ma Sara ha due mamme?"



intervista a Alessandra Gigli a cura di Ferruccio Cremaschi - Bambini marzo 2013

LE DOMANDE DEI BAMBINI NELL’INCONTRO TRA ADULTI


di Anastasia De Vita

L’intervista ad Alessandra Gigli conduce ad interessanti considerazioni in merito alla delicata relazione tra quanti abitano i servizi educativi per l’infanzia. I rapporti che educatori e genitori sviluppano negli anni di frequenza del servizio, mostrano tutta la loro fragilità quando a dover essere condivisi sono argomenti che fino ad oggi non sempre hanno trovato posto nelle cure e nelle proposte che gli adulti rivolgono quotidianamente ai bambini. Cosa succede quando la curiosità di questi ultimi è rivolta a comprendere le molteplici dinamiche sociali e familiari a cui partecipano o che condividono ogni giorno negli scambi con gli altri bambini, al nido e alla scuola dell’infanzia?

Domanda che rivela tutta la sua rilevanza pedagogica nel momento in cui costringe ad indagare quelle che sono le premesse, spesso implicite e inconsapevoli, che sottendono i vari interventi educativi ed ancor prima a rivolgere l’attenzione agli argomenti che si decide di includere o escludere dai discorsi di cui si riempiono i servizi per l’infanzia.Le ricerche a cui si fa riferimento nell’intervista sembrano avere alcuni punti di contatto con una ricerca da me condotta in alcune scuole dell’infanzia (“Frammenti di complessità dell’esistenza. Questioni di significato nell’infanzia”, Tesi di dottorato, Luglio 2011), volta ad indagare le “grandi domande” che i bambini si pongono in questa fascia d’età ed i significati che esse assumono per loro e per gli adulti coinvolti nella loro educazione. Anche in quel contesto di ricerca la dimensione delle rappresentazioni ha caratterizzato un importante oggetto d’indagine, delineando le immagini che educatori e genitori hanno gli uni degli altri, le percezioni rispetto al loro ruolo educativo, l’idea di educazione e contesto di apprendimento e le rappresentazioni sviluppate nei confronti dei bambini. Vorrei in questo contesto soffermarmi su questi ultimi due aspetti, la cui analisi risulta necessaria al fine di indagare le questioni di significato dal punto di vista pedagogico.

Innanzitutto l’idea di servizio educativo e, più precisamente, di ciò che deve rientrare al suo interno in termini di discorsi e dinamiche sociali. Quali sono gli argomenti di cui per gli adulti è “giusto” e sensato parlare ai bambini? Quali restano esclusi dalle loro conversazioni? Emergono delle zone d’ombra dell’intervento educativo, tematiche che tradizionalmente non hanno rappresentato oggetto di discussione e condivisione tra adulti e, di conseguenza, a cui non è stata data visibilità nei discorsi dei bambini. L’omosessualità dei genitori, così come le questioni di significato, come sono state definite nel corso della ricerca a cui ho fatto riferimento, sembra costituiscano proprio queste zone d’ombra. Considerare i servizi educativi come ambienti di vita continuamente attraversati e sollecitati da eventi e storie personali e sociali permette di comprendere la necessità di affrontare queste tematiche da parte di coloro che operano al loro interno. Discorso necessario ma non scontato, da cui occorre partire per accogliere l’incertezza con cui gli educatori affrontano sempre più frequentemente la presenza di diversi valori e concezioni del mondo, con cui i bambini quotidianamente si confrontano.

Un altro aspetto che è necessario affrontare quando si parla di rappresentazioni riguarda le idee sui bambini e suoi loro processi di sviluppo. Le immagini che ruotano intorno all’infanzia emergono con forza dai discorsi degli adulti e, anche se ancora troppo spesso inconsapevolmente, contribuiscono a delineare reazioni, interventi, stili relazionali ed educativi. Quali direzioni prende l’intervento educativo se  si considera il bambino troppo piccolo per confrontarsi su questioni di ordine esistenziale oppure già da solo in grado di comprendere ciò di cui fa esperienza nei vari contesti di vita? La questione rimanda direttamente al titolo dell’intervista fatta ad Alessandra Gigli: “Maestra, ma Sara ha due mamme?”. La richiesta dei bambini suona come un campanello d’allarme. Sottolinea in primo luogo la necessità di far rientrare queste tematiche nei discorsi educativi e, dunque, in percorsi formativi che permettano di esplicitare gli schemi di riferimento di ognuno ed approfondire le idee, le convinzioni che guidano l’agire educativo. In secondo luogo permette di intravedere nell’ascolto dei bambini, depositari di domande e, soprattutto, di vissuti e punti di vista troppo spesso inascoltati, il punto da cui ripartire per individuare più efficaci modalità di condivisione.

L’osservazione del bambino, l’ascolto dei suoi pensieri, così come si costruiscono ed emergono nella condivisione con gli altri, si rivelano essere ancora una volta atteggiamenti fondamentali per entrambe le figure adulte. Rivolgere i loro sguardi verso i bambini significa identificare in questo il punto di partenza per riconsiderare le mosse educative alla luce dei significati che i vari eventi assumono per loro ma soprattutto  significa considerare questo atteggiamento come ciò che dà senso e alimenta la relazione tra genitori ed educatori. Se ai servizi educativi non è richiesto di prendere posizione in merito all’essere a favore o contro le trasformazioni che investono le famiglie è, invece, richiesto loro di interrogarsi sui significati che esse assumono per tutti i soggetti che li abitano. Ecco, quindi, che la condivisione delle osservazioni dei bambini e dei dialoghi che si sviluppano con loro è ciò che permette di non cadere in generalizzazioni ed atteggiamenti giudicanti ma, al contrario, di vivere i servizi educativi come contesti in cui si crea cultura, si promuove la riflessione come pratica educativa volta a sollecitare nei bambini, ma anche negli adulti, l’abitudine a porre domande, ad interrogarsi sugli eventi e sui propri e gli altrui comportamenti, trovando nella molteplicità di sguardi la chiave per comprendere le questioni che di volta in volta si pongono alla loro attenzione.

Diverse ricerche hanno individuato nella creazione di spazi di pensiero e condivisione tra adulti la risposta alla necessità di tematizzare questi aspetti e, quindi, dotarsi di quegli “strumenti” concettuali e metodologici necessari per affrontare le conversazioni con i genitori, gli educatori e i bambini e pensare l’intervento educativo. Allo stesso modo è possibile individuare nell’ascolto dei bambini e nella creazione di spazi di dialogo tra loro e gli adulti un approccio specifico alla relazione, un “metodo di indagine” che permette di approfondire e sviluppare punti di vista a partire dai vissuti dei vari soggetti coinvolti.


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