giovedì 27 giugno 2013

Essere e avere



La mamma di Jona, mentre erano richiusi al campo di concentramento, gli diceva sempre: ”Qualunque cosa succeda tu devi sempre guardare in alto, devi guardare il cielo”. Mi sono tornate in mente tali parole in questi giorni in cui si discute l’acquisto di 90 cacciabombardieri F35. Quelle della mamma erano un invito alla fiducia in un futuro migliore del presente. Quelle di oggi invece prospettano un futuro non migliore del presente. 


Anche io penso come gli amici che hanno scritto su FB “Preferisco che in cielo volino le fantasie dei bambini piuttosto che gli F35”.
Esiste una relazione più stretta di quello che non si pensi tra aerei e bambini. Anche perché un solo F35 costa come cento asili e il governo ne vuole acquistare 90. Pensate quale iniezione di speranza sarebbe utilizzare quei soldi per costruire nuove scuole con tutti gli insegnanti necessari, dopo che per anni sono state chiuse scuole e licenziati insegnanti! Invece il fatto che la maggior parte del Parlamento, dei partiti (dei sindacati?) ritenga indispensabile l’acquisto dei caccia bombardieri mi preoccupa per l’oggi, mi spaventa per il domani e mi intristisce per il passato. Certo perché tutti questi signori che oggi in cielo preferiscono gli F35 alle fantasie dei bambini sono stati a scuola, alcuni anche per molti anni, sono stati istruiti da insegnanti anche diversi eppure se questo è il risultato vuol dire che come maestri abbiamo sbagliato, abbiamo mancato al nostro compito di educare degli uomini e delle donne consapevoli della loro umanità e di quello che comporta. 

Abbiamo una grande responsabilità, come insegnanti, nell’acquisto dei cacciabombardieri, inutile negarlo. Se questo succede vuol dire che questi signori della guerra hanno attraversato le nostre aule ma non hanno migliorato la loro umanità, sono rimasti immuni ai valori fondamentali del nostro essere umani se oggi non sanno distinguere uno strumento di morte da uno strumento di vita, un caccia da una scuola, una maestra da un pilota (il quale oltretutto mette in pericolo la sua vita anche solo a guidare un F35). Cosa fare?

Continuiamo a fare bene il nostro mestiere di insegnante, non predicando inutilmente ma essendo da esempio per i nostri allievi. Più che conoscere i ragazzi da noi devono imparare ad essere, non è né semplice né facile: è difficile e complicato esattamente come fare il maestro.

Arturo Ghinelli

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