mercoledì 23 ottobre 2013

A proposito di...
La lepre che corre e innova

Commento all'articolo “ La lepre che corre e innova…” di Enzo Catarsi
Bambini settembre 2013


Antonella Panchetti, tutor Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria, Università di Firenze e insegnante di scuola dell'infanzia presso I.C. di Vinci, Firenze.

L'ultimo articolo inviato dal prof. Enzo Catarsi alla rivista “ Bambini ” non può rimanere in disparte, passare inosservato a chi come noi presta servizio da anni nella scuola dell'infanzia. Solamente la sua immagine, la sua foto ci fa provare il dolore per l'improvvisa scomparsa. La lettura di quest'articolo è incalzante, come quando si legge il testamento di una persona cara e attraverso quell' excursu s storico che ci ha proposto non posso esimermi dal fare almeno due riflessioni.



La prima è collegata al grande impegno che il Professore ha avuto in Toscana e alla dedizione con cui ha svolto un insostituibile ruolo nel sostegno e nello sviluppo della cultura dell'infanzia e dei servizi educativi in tutta la regione. In particolar modo, nel territorio dell'Empolese Valdelsa, in cui vivo, ha fondato e diretto il Centro “ Bruno Ciari ” che si occupa di “ promozione e svolgimento di ricerche psicopedagogiche, metodologiche e didattiche; promozione, assistenza e verifica di sperimentazioni didattiche sia metodologiche che strutturali; aggiornamento degli insegnanti e degli operatori nel campo delle attività educative e formative; raccolta elaborazione e diffusione di studi e di documentazione”. L'attività di questo Istituto di ricerca si rivolge quindi a tutte le scuole (dall'asilo nido alla scuola superiore) presenti sul territorio di competenza che comprende attualmente i Comuni di Castelfiorentino, Cerreto Guidi, Certaldo, Empoli, Gambassi Terme, Montaione, Montespertoli, Vinci

In questi giorni, tra l'altro, venerdì 4 e sabato 5 ottobre, ad Empoli si è tenuto un seminario “ Il bello, i bambini, Mirò e l'arte contemporanea” (che la rivista aveva segnalato alle insegnanti nel numero precedente) a seguito di un progetto di ricerca-azione a cura del Professore stesso rivolto alle insegnanti con l'intento di stimolare ad educare “gioiosamente” i bambini al bello, fin dai loro primi anni di vita.

La relativa mostra degli splendidi lavori realizzati nelle scuole dell'empolese-valdelsa è stata fatta a giugno u.s nel Palazzo delle Esposizioni di Empoli ed ha suscitato molta attenzione da parte delle famiglie e dei nostri più accorti amministratori. A Vinci, per esempio, grazie alla sensibilità e alla competenza dell'assessore Claudia Heimes, laureata in Pedagogia e sostenitrice delle esperienze delle scuole comunali di Reggio Emilia, l'Amministrazione Comunale ha predisposto una sala della Palazzina Uzielli, nel cuore della città di Leonardo, per ospitare dal 4 al 14 ottobre la raccolta dei lavori realizzati dai bambini insieme alle insegnanti che si sono lasciate coinvolgere in questo percorso formativo in continuità tra ordini di scuola diversi. Nella mostra rivolta agli abitanti del territorio (e ai molti turisti che visitano il museo) sono esposti così gli splendidi lavori svolti dai bambini che abitano nel Comune e frequentano l'asilo nido, la scuola dell'infanzia e la scuola primaria.

Esiste infatti un rapporto diretto tra l'arte e la pratica didattica quotidiana. Le mostre e il seminario confermano chiaramente le teorie del Professor Catarsi basate sull'agire concreto e quotidiano dell'insegnante in un'aula. Si tocca con mano l'impegno nell'elaborare una ricerca-azione con un risultato non scontato. Attraverso questo percorso le insegnanti hanno preso consapevolezza delle proprie rigidità, di come sia difficile uscire dagli stereotipi perché ciò tocca le corde più profonde di ciascuno di noi come persona: l'arte è intrinsecamente pedagogica e la stessa pedagogia è intrinsecamente artistica per cui implicano una modificazione del soggetto in formazione in quanto entrambe indagano la strutturazione del “sé” . Questi lavori esposti nelle scuole ne differenziano le pareti: danno con la loro vivacità un colpo alla moltitudine di schede fotocopiate in bianco e nero e con caratteri ridotti (per risparmiare la carta che viene minuziosamente contata) e non accattivanti che dilagano nelle aule e mostrano un fare scuola lontano dalle schede, dai tetti rossi delle case e dalle immagini stereotipate. Si ribalta ciò che sta accadendo in generale nelle scuole dell'infanzia della nostra Regione dove non posso non segnalare un'involuzione evidente, dovuta anche alla verticalizzazione degli Istituti Comprensivi e al non coltivare più la specificità di quest'ordine di scuola. Fra l'altro questa involuzione è anche agevolata da un certo tipo di editoria molto amata da quelle insegnanti che amano ricette didattiche preconfezionate.

Questa esperienza visibile e documentata rappresenta, secondo me, l'esempio concreto di traduzione in buone pratiche di ciò che il Professore intendeva quando diceva che è necessario “ lavorare perché gli Istituti Comprensivi non siano i becchini della scuola dell'infanzia” . Occorre riuscire a valorizzare il pensiero divergente e non stereotipato che tra l'altro caratterizza le migliori esperienze di scuola dell'infanzia comunale, quelle stesse che hanno interpretato storicamente il ruolo di “ Lepre che innova in quanto corre più degli altri e scopre nuovi mondi e nuove soluzioni ” per promuovere anche nella scuola dell'infanzia statale, primaria e secondaria, un “ fare scuola ” che tenga conto dell'unicità del bambino e della persona che si ha davanti. Vorrei quasi escludere dalla mia osservazione negativa gli asili nido perché la qualità pedagogica e didattica delle nostre scuole è inversamente proporzionale all'età dei bambini, addirittura in Toscana la quasi totalità delle insegnanti di asilo nido è laureata e il coordinamento pedagogico svolto consente ai servizi educativi di avere una loro continuità di esperienza e quindi di compiere notevoli salti di qualità.
A questo proposito non posso non ricordare che il Professor Catarsi è stato anche Direttore dal 2005 del Master di secondo livello per “ Coordinatore Pedagogico di asilo nido e servizi per l'infanzia ” presso l'Università di Firenze.
Non posso non citare, condividendolo, che “il problema, in definitiva, al di là e oltre le battute polemiche, è fare in modo che le insegnanti (…), tutte, recuperino passione ed entusiasmo. Questo potrà avvenire solo attraverso un significativo riconoscimento sociale, che passa certamente attraverso lo stipendio ma non solo. Si tratta di riconoscere dignità alla professionalità educativa, di promuovere una continua e sistematica formazione in servizio che, realizzata nell'ottica della ricerca-azione, valorizzi le buone pratiche e riconosca i meriti e l'impegno delle insegnanti” . Con ciò potremmo essere tentati di parlare anche di “valutazione”, ovviamente non del singolo insegnante, per la spinosa questione “chi valuta chi? ”, ma complessivamente della qualità dei percorsi didattici realizzati dal team degli insegnanti delle Istituzioni Scolastiche che si impegnano in azioni operative nei progetti di innovazione didattica e “ stanno al passo coi tempi”. Queste Istituzioni dovrebbero ottenere riconoscimenti, anche a livello economico, e fondi per quello specifico plesso che dà maggior valore aggiunto da ripartire anche tra gli insegnanti!

La seconda riflessione si riconduce alla prima e riguarda il ruolo dell'Ente locale. Il Professor Catarsi ha sempre sottolineato che occorre valorizzare un certo federalismo e le comunità locali rivendicando il trasferimento delle risorse direttamente dallo Stato ai Comuni.

Se l'elemento principale della scuola dell'autonomia è senza dubbio costituito dal P.O.F. che ogni scuola deve elaborare in modo coerente “ con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi ” e in armonia con le “ esigenze del contesto culturale, sociale ed economico del territorio ”, è vero, come sottolinea appunto Catarsi, che l'incertezza normativa attuale, aggravata anche dalla penuria di risorse dirette o trasferite agli Enti locali, non aiuta la costituzione di un reale sistema integrato, essenziale per contrastare una concezione “autoreferenziale” delle scuole e per promuovere l'arricchimento della comunità locale. Potremmo sostenere con apprezzabile pragmatismo sociale che il trovarsi in rapporti di fiducia tra chi governa le istituzioni e gli amministrati è sempre positivo, e ciò produce unicità degli intenti e collaborazioni concrete che si riflettono positivamente nella realtà.

Ovviamente non si deve intendere l'unicità degli intenti come un esborso di somme di denaro a chicchessia, sperando, caso mai, di averne un ritorno di immagine o di imbastire contatti politici. Si dovrebbe, piuttosto, percorrere una strada diversa. Un progetto con una comunione di intenti sinergico fra le varie istituzioni deve guardare non solo all'esterno, ma anche all'interno: la progettualità condivisa a cui si sceglie di aderire è come un nodo, che si fa se siamo d'accorto profondamente e si crede in cui si sceglie di partecipare, o si disfa se l'adesione cura solamente l'apparenza, il doverlo fare. È una modalità di lavoro che si connette, come le due facce di una medaglia, da una parte all'idea di complessità e di vincolo, e dall'altra anche al suo esatto contrario, di unione e di libertà. Ciò che spaventa maggiormente sono i vincoli che le varie parti in gioco si pongono e la complessità che ne scaturisce dal doversi dare ruoli, compiti, obiettivi, percorsi chiari con delle verifiche finali.
Se la scuola ha il dovere di fare una “ promessa ” esplicita rispetto a ciò che si propone di realizzare, sarà sì “ corretto che i Comuni rivendichino questo ruolo di promotori e controllati, richiedendo al contempo i corrispondenti trasferimenti finanziari ”, ma urge, secondo me, in primo luogo, ritrovare “ il senso di responsabilità ”, a tutti i livelli. Infatti come l'insegnate deve essere consapevole che il suo ruolo nella formazione del bambino è estremamente importante e condizionante, se si parte dal presupposto “ che noi siamo quello che siamo anche in virtù di quanto e come siamo stati pensati dai nostri genitori ma anche dagli altri adulti con cui abbiamo incrociato le nostre vite ”, così chi amministra gli enti locali dovrebbe riappropriarsi di un ruolo di “ promotore consapevole ” individuando finalità volte realmente al bene della res publica. Purtroppo talvolta c'è una certa disattenzione da parte della politica che privilegia le questioni di bilancio piuttosto che addentrasi nella complessa dialettica imposta dal comparto educativo, formativo e pedagogico.
 
Mentre uscivo dalla mostra dei bambini e attraversavo la sala del museo della Palazzina Uzielli di Vinci la mia attenzione si è soffermata su una clessidra, un'inspiegabile attrazione davanti al costante fluire della sabbia. Come questa, scorre il nostro tempo: in alto infiniti granelli di sabbia che formano il futuro e poi la corsa verso il basso, il passaggio nella strozzatura che altro non è che il mio e il nostro presente. Un attimo dopo, lo stesso attimo che poco prima era futuro e poi presente, posato su fondo della clessidra, è già diventato passato. Un semplice gesto della mano ed il futuro ricomincia. La clessidra divide il tempo nella continuità. Un oggetto fragile come fragili siamo noi, nello stesso punto, nella strozzatura, nel presente. Ma ciò che è pieno torna ad essere vuoto per poi riempirsi di nuovo: le idee del professore e tutto ciò che è riuscito a realizzare , la vita e il suo scorrere!

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