giovedì 29 ottobre 2015

Domandando si impara - Ottobre 2015. COSA FACCIAMO QUEST’ANNO

Domandando si impara

di Elisabetta Marazzi

Un nuovo anno educativo ha da poco preso avvio ed ecco che alcuni interrogativi sembrano tornare con l’incertezza che li accompagna… Quali attività ipotizziamo per quest’anno? 


Quali esperienze faremo fare ai bambini? Potremmo forse proporre loro dei percorsi sulla natura o sull'alimentazione? Quali laboratori? Quale organizzazione rispetto alle differenti attività della settimana? O, ancora, che tipi di incontri possiamo pensare per i genitori?
Sentiamo quasi il bisogno di sapere esattamente e in anticipo tutto quello che dovrà accadere durante l’anno… un tema per ogni mese che ci accompagni dandoci sicurezza, sia rispetto a quello che possiamo fare noi sia rispetto a quello che possiamo raccontare ai genitori nel corso delle prime riunioni quando ci chiedono: “Cosa farete?”.
Sembra che l’essere in una posizione di pensata attesa e che stare dentro il contesto e la relazione educativa attraverso una sana lentezza non sia consentito.
Allora forse si tratta di fermarsi un attimo per assumersi la responsabilità delle proprie scelte e per agire consapevolmente adottando la metodologia progettuale: non è solo “il futuro” il tempo a cui si deve guardare; nel progetto, infatti, vi sono “un momento presente, di ideazione qui e ora, […] un momento futuro, nel quale l’attività viene avviata e se ne valuta la realizzazione nei limiti delle possibilità, […] un momento passato, relativo al vissuto da cui scaturisce quell'ideazione particolare specifica” (W. Brandani e M. Tomisich, La progettazione educativa. Il lavoro sociale nei contesti educativi, Carocci, Roma, 2005).
Siamo quindi chiamati a riprenderci il ruolo di ricercatori poiché “un’indagine empirica è un formidabile strumento di ascolto di una realtà, una modalità per conoscerla e per farla conoscere, per dare voce a soggetti che altrimenti non avrebbero occasione di esprimere la propria posizione. In questo senso far ricerca empirica è espressione dell’arte di ascoltare: ascoltare per capire, per conoscere, per acquisire consapevolezza (e farla acquisire ai soggetti della ricerca) e poter così prendere decisioni informate per intervenire su una realtà e migliorarla” (D. Robasto, La ricerca empirica in educazione. Esempi e buone pratiche, Franco Angeli, Milano, 2014).
Osservare e ascoltare per conoscere, rilanciare, aprire, indagare e proporre con la tranquillità di poter andare avanti su una strada ipotizzata ma anche con la certezza di poter percorre nuove e differenti piste rispetto a quelle pensate all’inizio.
Accogliere questa prospettiva vuol dire anche riuscire a rileggere il concetto di prestazione per l’educatore, il bambino, la famiglia e il contesto sociale che ci circonda: tutti, in egual modo, sperimentano che la prestazione non si misura in relazione al prodotto finito quanto rispetto alla possibilità del processo di essere sperimentato e valorizzato. In particolare i bambini hanno l’occasione di assumere un modello osservando le azioni pensate degli adulti.

Fermarsi, aspettare, decidere in itinere e non all'inizio dell’anno educativo (se non prima) significa scegliere e, soprattutto, scegliere di mettere il bambino al centro del nostro fare e pensare educazione, vuol dire optare per un’offerta che sia una sfida, un rilancio continuo, condividendo costantemente con le famiglie le ragioni delle nostre scelte affinché le famiglie stesse possano divenire parte attiva di un processo e di apprendimenti in cui emerga l’intenzionalità educativa sottesa a un’attenta progettazione.

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