giovedì 29 ottobre 2015

Doppio punto di vista - Ottobre 2015. I TEMPI DEI BAMBINI

di Claudia Ottella

Il concetto di tempo, o meglio dei tempi, dei bambini nei servizi non è semplicemente l’ossatura attraverso cui si snodano la progettazione, le attività, la quotidianità del trascorrere delle ore e dei giorni: i tempi sono elemento fondamentale che ci parla delle scelte e della visione di bambino non solo del servizio ma dell’istituzione e della comunità stessa in cui esso è inserito. 


Nei servizi si incontrano i tempi delle educatrici, delle famiglie e dei bambini, e ognuno vive questo concetto dalla propria angolatura.

Il punto di vista dei servizi
Dal punto di vista dell’educatore, il rispetto dei tempi del bambino equivale molto spesso al saper aspettare, significa saper mettere da parte le proprie esigenze di adulti, l’ansia di raggiungere obiettivi, completare programmi e progetti, per dare spazio all'attesa, alla curiosità, all'indugio. Significa avere la capacità di riconoscere al bambino la sua naturale lentezza, con le sue necessarie ripetizioni spontanee, a cui non giova affatto l’incalzare di tappe da raggiungere. I tempi dell’educare devono essere assolutamente in equilibrio tra la permeabilità ai bisogni del bambino e la riconoscibilità del contesto.
Ma accade che sui tempi dei bambini gravano le esigenze e le aspettative dei genitori e della società che molto spesso all'opposto non possono o non vogliono attendere: c’è la fretta che si rispecchia, nei “tempi di vita”, che troppo poco si conciliano con i diritti dei bambini, e c’è la ricerca quasi affannosa della precocità, del riuscire a far prima per guadagnare fasi e affermarsi rapidamente.

Il punto di vista delle famiglie
I tempi dei bambini, dal punto di vista delle famiglie, nella società attuale sono trasformati in corse tra un impegno e l’altro, in una staffetta dove non c’è spazio per “perdere tempo” e attendere. Evitare che la fretta prenda il sopravvento, ovvero consentire di lasciar maturare valorizzando le differenze individuali e non inserendo il singolo in standardizzazioni di sviluppo, lasciare spazio ai possibili, infiniti, percorsi di crescita, indirizzando le famiglie verso un atteggiamento di ascolto e di consapevolezza: un lavoro educativo, che deve orientare l’azione dell’adulto, di cui i servizi oggi devono farsi carico, per favorire il riconoscimento del protagonismo dei bambini nei loro progressi.
Occorre però anche dire che l’uso del tempo non sempre è una scelta, spesso è una conseguenza di un’organizzazione che va al di là delle preferenze degli adulti, che devono subire senza poter governare lo scorrere dei ritmi di vita famigliare. L’attuale situazione socio-economica determina evidenti fragilità e instabilità nella gestione dei tempi di vita familiari e lavorativi, con difficoltà nel realizzare un equilibrio armonioso tra queste dimensioni, indispensabile per costruire un senso di benessere e consentire alle famiglie di svolgere al meglio il proprio compito educativo.
Dunque lo sforzo in quanto adulti, e in modo particolare in quanto professionisti nel campo educativo, deve essere quello di avere la capacità di riconoscere che oggi riempiamo la vita dei bambini di impegni, trasformando il tempo in attività a cui si aggiungono più avanti ancora, dalla scuola primaria in poi, l’incombenza quotidiana di compiti, elaborati ed esercitazioni.

E così facendo non ci accorgiamo che stiamo uccidendo il loro diritto al tempo.

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