venerdì 30 ottobre 2015

Pensieri in libertà - Ottobre 2015. SPAZI PER APPRENDERE

di Daniele Barca

C’erano una volta gli angoli morbidi, i tappetoni, gli spazi aperti, i cuscini, i divisori mobili, le tende per creare altri ambienti. E c’erano anche gli atelier dedicati, con strumenti, arredi, luci e colori a dimensione di bimbo e di esperienza cognitiva, dove era possibile integrare le crea-zioni dei laboratori e dove l’inclusione era nelle cose. 


Poi venne il patto di stabilità e la legge sulla sicurezza, le tende ignifughe brutte, scure, pesanti; i tessuti divennero non a norma, le moquette illecite. Per carità, non fraintendetemi, tutto estremamente doveroso per chi ha responsabilità nella scuola, dalla maestra al dirigente; ma non vi sembra di vedere in giro sempre più seggioline e tavoloni, sezioni “fisse” (qualche volta con porte chiuse e di dimensioni anche ridotte) quasi come classi della primaria, colori neutri come fosse un mobilificio? Forse esagero, ma sarebbe paradossale, in un momento in cui la scuola “dei grandi” scopre il valore aggiunto degli spazi per insegnare/apprendere, che l’infanzia, corpo e spazio, li abbandonasse a favore di una tendenza alla “elementarizzazione” delle pratiche, cioè a una “compostezza” di ambienti e bambini poco adatta allo sviluppo dell’immaginazione e della creatività. Un fenomeno singolare che vede un doppio canale: le età infantili crescere troppo presto, quelle adolescenziali non crescere mai.
Quindi per gli ambienti... al di là dei cataloghi dei fornitori (spesso standardizzati nei loro prodotti per rispondere alla partecipazione a bandi talvolta uniformi anche in territori diversi) qualche coordinata può servire. Le Linee guida per l’edilizia scolastica del MIUR del 2013 comprendono alcune parole d’ordine. La fluidità degli spazi per il movimento e l’incontro dei bambini con luce, suoni e natura; la versatilità che indica i molteplici usi di un ambiente didattico; la convertibilità che significa sostenibilità e possibilità di mutare gli spazi in scenari futuri; la scalabilità che permette di ingrandirli e ridimensionarli a seconda dei gruppi; la modificabilità che indica il grado e la possibilità di appropriarsi dello spazio (muri da dipingere ecc.) da parte dei bambini.
Prima di tutto però un’idea! Lo so che è scontato, ma anche i pochi studi esistenti a proposito dell’impatto degli ambienti su un’esperienza di apprendimento positivo dicono che il fattore metodologia e il fattore docente mitigano o enfatizzano lo spazio più innovativo o quello più tradizionale. Come a dire che un autista mediocre poco ci ricava dall’avere tra le mani un bolide e un grande pilota (come mi auguro siate tutti voi insegnanti ed educatori lettori di “Bambini”) è capace di far ben figurare anche un macinino.
Un ultimo suggerimento: le scatole creative. Possederne sempre qualcuna può essere utile per trasformare un ambiente “normale” in un’orchestra, un teatro, un mini-laboratorio di scienze (perché no di digitale). Già perché l’ambiente si può trasformare con interventi di sistema, ma anche da dentro gli spazi possono trasformarsi in qualcos’altro.

L’importante è che gli ambienti siano pensati per accompagnare un processo, una narrazione, un viaggio. Insomma bisogna provarci a costruire nuovi ambienti a scuola per raccontare nuove storie. Giusto per non dimenticare l’estate, come dice la canzone “per quanta strada ancora c’è da fare... Amerai il finale”.

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