martedì 22 marzo 2016

Domandando si impara - Febbraio 2016. PERCHÉ COSTRUIRE DIALOGO CON I GENITORI?



di Elisabetta Marazzi

Perché è importante costruire luoghi e occasioni di ascolto e confronto reciproco in un dialogo costante tra servizi e famiglie?



Pensiamo a quanto accaduto nel tempo: le famiglie, rispetto al passato, si trovano a vivere il proprio ruolo genitoriale in un differente isolamento, sovente si percepiscono come non adeguate rispetto alle loro competenze e vivono in una realtà di domanda-risposta che non prevede il tempo dell’attesa né il tempo dell’errore o del tentativo ragionato. Tutto questo rimanda a uno spazio in cui l’ascolto dei pensieri e dei bisogni del singolo perdono di valore, mentre ne acquistano ricette e soluzioni che possano essere valide per tutti, anche se ciascun soggetto e ciascuna storia sono irripetibili. Di fatto i luoghi attuali di vita delle famiglie sono culturalmente in cambiamento e prevedono una molteplicità di saperi che si incontra e scontra senza, spesso, dare vita a nuove conoscenze. “Parlare di famiglie oggi significa parlare di un oggetto multiforme e articolato, che rimanda a sistemi di relazioni che si originano, si mantengono e/o cambiano attraverso processi la cui natura è al tempo stesso interpersonale e sociale” (M. Guerra e E. Luciano, La relazione con le famiglie nei servizi educativi e nelle scuole per l’infanzia, Edizioni Junior, Azzano S. Paolo BG, 2009). Si tratta pertanto di ricominciare a conoscersi vicendevolmente senza darsi per scontati e assumendo la posizione per cui l’incontro con un altro non è fattibile senza una sana curiosità dettata da reale interessamento. Le famiglie non sono “le famiglie” e basta, ma sono le singole famiglie dotate di caratteristiche uniche, hanno storie e valori che, se non divengono oggetto di domande, rischiano di cadere nell’ignoto; hanno quesiti da rilanciare che, se non agevolati nell’essere posti, corrono il rischio di andare perduti. Nello stesso modo le realtà educative sono uniche e specifiche e non necessariamente possono essere lette nella loro interezza dalle famiglie: i servizi educativi devono raccontarsi affinché la loro complessità e i significati attraverso i quali lavorano possano essere effettivamente colti.

Fare proprie alcune delle regole dell’arte di ascoltare di Marianella Scalvi può aiutarci ad affrontare e progettare questo percorso di conoscenza e riconoscimento reciproci: “Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca” e “Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a capire come e perché” (M. Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili, Mondadori, Milano, 2003). Tali regole rappresentano un modo di pensare e di stare all’interno della relazione con le famiglie che viene scelto consapevolmente dai professionisti dell’educazione e che può favorire la reale costruzione di una partnership tra le due agenzie formative per eccellenza. Altrettanto tale atteggiamento può consentire la realizzazione di realtà educative capaci di influenzare e lavorare sul contesto sociale in cui le agenzie stesse vivono: la progettazione del dialogo tra nido, scuola e famiglia può favorire l’incontro dei punti di vista divergenti permettendo alle differenze di generare occasioni di riflessione e di divenire risorsa e occasione di apprendimento e cambiamento per tutti.

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